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al testo di Ivan Pozzoni
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Lontano da conflitti toscani, e da ogni Muda, nella confortevole abitazione che una modernità diversamente abile ha convinto tutti ad acquistare, sennò s’è fuori moda, s’atteatra una storia, da Ugolino post-moderno, chiusa tra muri di cemento dove chi muore, muore d’infarto e chi resta, muore di stento.
Generazione inversa rispetto ad ogni medioevo, senza assistenza o regola sociale, viveva cieco e sordo, e orfano di madre, nel vano di una casa comunale, insieme a un uomo troppo vecchio e troppo stanco, senza sentirlo, senza vederlo, chiamato padre.
Padre, muori d’infarto e non me ne sono neanche accorto, non sentendo i tuoi rumori di dolore, non vedendo le smorfie di terrore di abbandonarmi a me stesso, non appena tu sia morto condannandomi a chiamarti tutti i giorni, ad alta voce, fuor d’ascolto, e a morire d’inedia, d’un inedia senza volto.
[Scarti di magazzino, 2013] |
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